martedì 14 febbraio 2012

 

IL BAMBINO NELLA 'FASE EDIPICA'

Potrà il mio cuore dissigillarsi senza esserne spezzato?' (Kahlil Gibran)
L’ anima stà piangendo, sente il dolore di non poter chiedere... ‘perché’. Desidera che qualcuno gli spieghi cosa significhi: c’è un bambino che ha bisogno di amore, di essere amato, ma ha paura...di chiedere. Un altro ‘no’ e gli si spezza l’anima, gli si accendono i fuochi dell’inferno. Lì cerca la pace di un angelo, ma è diventato un demone del quale nessuno ha pietà...chi ha pietà di un angelo caduto, a cui è stato chiuso il paradiso..? e così deve andarsene... vivendo intensamente il dolore di essere ‘solo’ al ricordo di essere stato per un ‘attimo’ in paradiso.
Questa è l’espressione poetica del ‘Paradiso perduto’ per un bambino che intorno ai 3-4 anni, attraversa la ‘fase edipica’ e va a scontrarsi con la paura che i genitori hanno per la sua sessualità. Questo ‘trauma’ produce come conseguenza una ‘scissione’ tra gli affetti del cuore e quelli del bacino, che diventa in seguito la difficoltà o l'incapacità, di amare e desiderare nello stesso momento, la stessa persona.



 

MODI DI ESSERE E RUOLO

Si è come si è, ma a seconda delle persone che si incontrano si diventa in un modo piuttosto che in un altro, si sarebbe potuti essere molto diversi, perché si è predisposti a questo. L’ambiente nel quale si vive dà gli stimoli che favoriscono la crescita. Secondo me però, non sono importanti gli stimoli che si ricevono per primi, ma se vengono dati da persone amorevoli, che sanno cogliere di quale materiale si è fatti. Per usare una metafora, saper cogliere se la propria anima è di marmo, di granito o di vetro; per dare un po’ come Michelangelo, un corpo alla forma racchiusa nel ‘marmo’, cioè una forma che è adatta a quel materiale. Se ci fosse stato un altro scultore da quel marmo avrebbe tratto fuori una forma diversa, che non sarebbe stata meglio o peggio, ma sempre ‘adatta’ al marmo. In altre parole se dentro di sé c’è una ‘vocazione’ o la spinta ad aiutare il prossimo, non è importante diventare assistenti sociali o medici, ma è rimanere nel campo della relazione di aiuto, se si scopre di avere talento artistico, è bello rimanere nel mondo dell’arte. Non è il ‘ruolo’ che dà l’identità, ma è il  proprio modo di essere, che porta a ricoprire il ruolo con successo. Quello che conta nell’educare è riconoscere la qualità della persona: di quale materiale è la sua anima, a cosa è predisposto. Questo è possibile educando: riconoscere la persona, indirizzandola ad esprimersi per quelle che sono le sue caratteristiche. Chi 'educa' dovrebbe vedere ‘chi è’ e cosa significa essere ‘quel corpo’ che piange, gioisce, sente in quel modo,  aiutandolo a dare un significato a quelle espressioni...come fa una mamma con il bambino.

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